Denuncia nel caso «Angolagate»: il procedimento non sarà riaperto

Berna, 04.02.2014 - Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha esaminato una denuncia sporta da cittadini angolani e dall’ONG britannica “Corruption Watch” nella vicenda nota come «Angolagate» e dopo accertamenti preliminari ha decretato il non luogo a procedere. I recenti sviluppi inerenti al rimborso alla Russia dei debiti contratti dallo Stato angolano all’epoca del regime sovietico non daranno quindi luogo a nuovi procedimenti penali in Svizzera.

La vicenda nota come «Angolagate» risale alla fine degli anni ‘90 e riguarda contratti stipulati tra la Russia e l'Angola, in virtù dei quali lo Stato angolano avrebbe dovuto rimborsare i debiti contratti con la Russia con forniture di petrolio. La ramificazione verso la Svizzera è data da transazioni finanziarie legate alla vicenda transitate su conti bancari svizzeri. Le autorità giudiziarie ginevrine si erano già occupate del caso negli anni scorsi. I procedimenti penali svolti dal Cantone di Ginevra sono stati abbandonati nel 2004 e poi nel 2010. In seguito ai procedimenti ginevrini, la Svizzera e l'Angola hanno sottoscritto accordi per la restituzione di averi di origine angolana dell'ordine di rispettivamente 21 milioni e 34 milioni di dollari americani. Le somme dovevano essere investite in progetti umanitari a beneficio della popolazione angolana.

La denuncia sporta il 15 aprile 2013 si fonda sul rapporto di recente pubblicazione «The Corrupt Angola-Russia Debt Deal», che verte sull'accordo stipulato tra l'Angola e la Russia per il rimborso del debito. Dal rapporto i denuncianti hanno desunto l'esistenza di nuovi elementi di cui non disponevano ancora all'epoca dei procedimenti condotti dal Cantone di Ginevra. A loro parere, nuovi fatti giustificherebbero la riapertura del procedimento svolto nei confronti del gruppo di persone, composto da funzionari angolani, titolari di una società intermediaria e impiegati di banca svizzeri, coinvolto nella vicenda nonché il riesame delle accuse di corruzione. I denuncianti invocano essenzialmente il cambiamento di opinione del perito di parte, che in origine aveva considerato l'accordo opportuno per entrambi i Paesi e la cui perizia avrebbe assunto un'importanza decisiva per l'abbandono dei procedimenti deciso dalle autorità ginevrine. A loro dire, il perito trarrebbe oggi conclusioni diverse sulla vicenda, alla luce di maggiori informazioni disponibili sui retroscena della transazione.

Il MPC non condivide tale valutazione e non ravvisa alcuna contraddizione nelle recenti dichiarazioni del perito rispetto alla precedente analisi dell'accordo russo-angolano sul rimborso del debito. Del resto, anche nel 2003 la Camera d'accusa del Cantone di Ginevra, pur non conoscendo la menzionata perizia, non aveva accertato comportamenti penalmente rilevanti. Inoltre, il MPC riconosce a una perizia di parte un valore probatorio limitato rispetto a una perizia giudiziaria. Ritiene pertanto che la denuncia non comprenda nuovi fatti che giustifichino la riapertura del procedimento. Infine, anche se fosse stato possibile riaprire il procedimento, il MPC dubita che una fattispecie tanto complessa possa essere rivista in tempi stretti e che si possa giungere per tempo a un giudizio di primo grado (poiché la prescrizione assoluta cadrebbe nel luglio 2015). Oltretutto, in Svizzera la «corruzione di pubblici ufficiali stranieri» è un reato previsto dalla legge e, quindi, perseguibile dal 1° maggio 2000. Eventuali indagini sulla vicenda dell'«Angolagate» avrebbero quindi potuto abbracciare solo un periodo di tre mesi (da maggio a luglio 2000). Pertanto, il MPC ha deciso di non avviare alcuna inchiesta e ha decretato il non luogo a procedere.


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