Il Consiglio federale raccomanda di respingere l’iniziativa sui salari minimi

Berna, 04.07.2012 - Il 4 luglio 2012 il Consiglio federale ha deciso di raccomandare che l'iniziativa popolare federale "Per la protezione dei salari equi" (Iniziativa sui salari minimi) sia respinta senza controprogetto. Tale iniziativa chiede alla Confederazione e ai Cantoni di impegnarsi in favore della promozione dei salari minimi nelle convenzioni collettive di lavoro e stabilisce un salario minimo legale nazionale. In tal modo l'iniziativa rimette in discussione meccanismi di fissazione dei salari attuati in Svizzera da decenni.

L'iniziativa popolare chiede di stabilire un salario minimo nazionale obbligatorio di 22 franchi su base oraria. Il Consiglio federale concorda con l'obiettivo degli autori dell'iniziativa: lottare contro la povertà e fare in modo che chiunque possa vivere degnamente dei frutti del proprio lavoro. Tuttavia ritiene lo strumento proposto dall'iniziativa inadatto al raggiungimento di tale obiettivo.

La politica salariale svizzera si fonda sui principi della libertà contrattuale e della libertà sindacale, concede ai partner sociali un ampio margine per stabilire le condizioni lavorative e salariali, in particolare mediante la negoziazione di convenzioni collettive di lavoro (CCL). Con le misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone e con la possibilità di estendere le CCL, lo Stato dispone di strumenti efficaci per contrastare le conseguenze indesiderate in materia di salari e condizioni lavorative. 

L'eccellente funzionamento del partenariato sociale è una marcia in più per la piazza economica svizzera. L'introduzione di un salario minimo legale indebolirebbe questo vantaggio in quanto ridurrebbe il margine di manovra nelle negoziazioni e la responsabilità dei partner sociali.

Grazie alle istituzioni del mercato del lavoro, l'economia svizzera è riuscita a superare rapidamente i periodi difficili e a ristabilire in tempi brevi situazioni di pieno impiego. I meccanismi di fissazione dei salari e la flessibilità che li caratterizza hanno apportato un enorme contributo ai risultati soddisfacenti ottenuti in materia di impiego e di ripartizione dei redditi. La Svizzera presenta un elevato tasso di occupazione e un basso tasso di disoccupazione. I dislivelli tra i salari e la proporzione dei lavoratori che svolgono un impiego a salario basso sono inferiori rispetto ad altri paesi.

Inoltre un salario minimo legale nazionale, come previsto dall'iniziativa, comprometterebbe il buon funzionamento del mercato del lavoro. Potrebbe mettere a rischio impieghi, il che renderebbe particolarmente difficile integrare determinate categorie di persone già vulnerabili e colpirebbe maggiormente alcune regioni e alcuni settori.

In più potrebbero esserci conseguenze negative sulle misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone, il cui scopo è tutelare i salari usuali, che in breve si abbasserebbero verso il livello di salario minimo.

Infine, l'introduzione di un salario minimo non rappresenta uno strumento adeguato nella lotta contro la povertà. Le cause della povertà in Svizzera sono molteplici e i salari bassi non sono l'unica causa. Altri fattori non salariali, come la situazione familiare, la disoccupazione o le spese obbligatorie, influiscono in modo significativo sugli stati di povertà.

Per questi motivi, il Consiglio federale raccomanda di respingere l'iniziativa senza opporvi un controprogetto. Ha preso tale decisione di principio il 4 luglio 2012 in seguito a una prima discussione in tal merito e presenterà il suo messaggio al Parlamento entro il 23 gennaio 2013.

L'iniziativa sui salari minimi era presentata alla Cancelleria federale dall'Unione sindacale svizzera (USS) il 23 gennaio 2012.


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Bertrand Clerc, Questioni economiche e internazionali SECO, Tel: 031 322 27 32


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