Non riduciamo il potenziale della migrazione a soli aspetti economici!

Berna, 22.10.2015 - Dopo l’approvazione dell’iniziativa «sull’immigrazione di massa» è stato intavolato un dibattito sul potenziale della manodopera residente in Svizzera. In occasione del suo convegno annuale tenutosi giovedì a Berna, la Commissione federale della migrazione CFM ha allargato tale dibattito oltre gli aspetti puramente economici.

Lo scrittore bulgaro-tedesco Ilija Tronjanow, dal passato migratorio assai sfaccettato, ha riflettuto sull’incontro positivo delle culture. Secondo lui, il segreto di questo incontro positivo sta nel «penetrare all’interno della propria specificità con la convinzione che sia possibile e d’obbligo arricchire e modificare la propria specificità a contatto con l’alterità, nella consapevolezza che tra la propria specificità e l’alterità sussista soltanto una differenza momentanea, una fugacità della storia.» Mette in rilievo come l’arte moderna europea sarebbe oggi «del tutto impensabile senza la merce di contrabbando proveniente da altre culture»: «Gauguin e van Gogh sono sgattaiolati in Giappone; Picasso, Braque e Kirchner caracollati in giro per l’Africa settentrionale e l’Oceania; Matisse, Klee e Macke sono andati a zonzo per l’Africa settentrionale e la Turchia e Kandinsky, Mondrian e Malewitsch sono errati nei meandri della spiritualità asiatica.»

Thomas Facchinetti, pioniere dell’integrazione e oggi membro dell’esecutivo comunale di Neuchâtel, ha rilevato il potenziale democratico e innovativo: il 22 per cento dei membri del legislativo comunale neocastellano non sono nati in Svizzera (il Cantone Neuchâtel ha introdotto il diritto di voto per gli stranieri sin dalla sua fondazione). Bisogna riconoscere che la «citoyenneté» non è un regalo offerto agli immigrati che lo meritano. Essa porta una necessaria ventata di aria fresca nelle nostre istituzioni e nei nostri dibattiti. Ciò vale anche per il settore economico: oltre la metà delle imprese del Cantone Neuchâtel è stata creata da stranieri.

Il sociologo francese Michel Kokoreff e la sociologa svizzera Anne Juhasz Liebermann hanno evidenziato soprattutto gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo del potenziale. Guardando alla Francia, Kokoreff afferma che «i migranti e i figli di migranti non solo occupano posti meno in vista, ma sono anche fortemente esposti al razzismo e alle discriminazioni». Il loro potenziale è represso, frenato o del tutto misconosciuto. Durante vent’anni, Kokoreff ha seguito l’evoluzione di 200 persone nelle banlieues parigine. Molti dei giovani che negli anni Novanta avevano interrotto la scuola, erano senza lavoro e talvolta si muovevano nell’illegalità, vent’anni più tardi ce l’hanno fatta. Quasi tutti hanno fondato una famiglia e hanno un lavoro, occupando spesso posti importanti e riconosciuti. Secondo Anne Juhasz Liebermann, la selezione scolastica è un ostacolo per molti figli di migranti: occorre ritardarla il più possibile, giacché prima interviene, «più è probabile che a essere valutate non siano le capacità del bambino, bensì la sua estrazione sociale».

Ekrem Şenol ha fondato la rivista tedesca «Migazin»: «Non mi ritrovavo nei media classici. Non mi sentivo coinvolto. I miei temi, o non erano trattati o lo erano in maniera distorta. Trovavo raramente le mie posizioni o allora in bocca ad altri. Non ero mai parte del dibattito. Non avevo nessuna possibilità di partecipare alla discussione, di dare il mio contributo.»

I temi discussi durante il convegno CFM di quest’anno derivano da intense discussioni in seno alla commissione stessa, come spiegato dalla vicepresidente Fiammetta Jahreiss. Le relazioni hanno (in parte) risposto alle domande sollevate: «Perché le persone con un passato migratorio sono percepite perlopiù come un problema? Come mai la prima reazione di fronte a una persona straniera è scetticismo?» Queste domande interpellano molte persone: il convegno ha attirato oltre 220 partecipanti.


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