«Svizzera e Italia: la convinzione di poter costruire il futuro insieme»

Milano, 30.10.2015 - Milano, 30.10.2015 - Discorso del Consigliere federale Didier Burkhalter in occasione della terza edizione del Forum per il dialogo bilaterale tra la Svizzera e l’Italia a Milano - Fa stato la versione orale

Caro Paolo,
Signore e Signori,

la Svizzera e l’Italia: una forte relazione caratterizzata da scambi intensi e, soprattutto, molteplici. È per valorizzare questa relazione, per misurarne il potenziale di crescita congiunto, al servizio delle due parti, che abbiamo lanciato questo forum a Roma, quasi tre anni fa.

Questo forum di dialogo è anche un forum incentrato su una convinzione: la convinzione di poter costruire il futuro insieme. Ecco perché, in questo momento di chiusura, vorrei prima di tutto ringraziarvi per l’impegno nella valorizzazione delle relazioni tra l’Italia e la Svizzera. E vorrei parlare di questa convinzione.

Signore e Signori,

dopo Roma e Berna, il forum quest’anno ha scelto Milano. Città che per vari mesi è stata al centro del mondo grazie all’esposizione universale con un tema di centrale importanza: come nutrire gli abitanti del nostro pianeta, come fornire l’energia della vita?

E oggi vorrei iniziare a illustrarvi una nostra convinzione. Il mio Paese, la Svizzera, si è convinto immediatamente che era necessario impegnarsi per l’Expo di Milano. Ci siamo subito sentiti vicini: vicini al tema che ci sta a cuore, vicini a Milano, vicini all’Italia, vicini all’«Italianità».

La mia convinzione personale sull’Expo è che l’Italia ha vinto! E la Svizzera anche! (In fondo l’Expo non è come il calcio: due partner possono vincere la stessa partita!)

Ci complimentiamo con l’Italia, che ha vinto la sua scommessa. Più di 140 nazioni che si aiutano a vicenda e aprono le porte dei loro padiglioni. Milioni di persone che visitano l’area espositiva e, mentre passeggiano, riflettono e s’interrogano sul nostro mondo.

Anche la Svizzera ne esce vincente: il padiglione ha avuto molto successo ed è stato visitato soprattutto da molte scolaresche italiane. È stato molto apprezzato dal pubblico e ha ricevuto alcune distinzioni da parte degli esperti. Ma – ciò che per me più conta – ha saputo trattare il tema in modo molto concreto: quattro torri che hanno permesso di farsi un’idea del problema, di mettere in evidenza la fragilità e la scarsità delle nostre risorse, il pericolo che ciò che è necessario per la vita possa mancare… semplicemente svanisca. Ora che l’Expo giunge al termine, non ci sono più né mele né acqua al Padiglione svizzero... una riflessione sulla nostra responsabilità nei confronti degli altri, di coloro che verranno dopo di noi.


L’Italia ha quindi vinto, la Svizzera ha vinto. E anche le relazioni tra la Svizzera e l’Italia hanno vinto! La Svizzera è stato il primo Paese a rispondere positivamente, ad aderire al progetto di questa Esposizione universale di Milano; il primo Paese a firmare il contratto di partecipazione nel 2011. Il credito per il Padiglione svizzero ha superato senza opposizione il passaggio in Parlamento, ciò che non è per niente scontato per un tale oggetto, se si conosce il carattere molto pragmatico della Svizzera.

Perché? Per convinzione che il mondo si costruisce, anche e in primo luogo, con i propri vicini. Ed è semplicemente questo segnale e questa convinzione che ho voluto trasmettere oggi visitando i padiglioni di tutti i Paesi confinanti con la Svizzera, iniziando naturalmente da quello dell’Italia.

Partecipando a Expo 2015, la Svizzera ha rafforzato le relazioni economiche, culturali e politiche con l’Italia: «Dopo l’Expo, più vicini»…

Questo momento particolare ed eccezionale rafforza un’altra delle mie convinzioni: tra i Governi svizzero e italiano vi è una forte volontà condivisa di lavorare in modo costruttivo per affrontare e risolvere i problemi. Non solo il dialogo è intenso e contraddistinto da una reale amicizia, ma ci si impegna anche sulla via delle realizzazioni concrete. Così, grazie alla firma, nel febbraio 2015, della «roadmap», stiamo percorrendo questo cammino verso un’intesa in ambito fiscale e su altri temi, che condizionano i nostri rapporti.

Ma rimane ancora molta strada da fare... È necessario risolvere le questioni ancora in sospeso, riguardanti soprattutto l’imposizione dei lavoratori frontalieri o l’accordo per evitare la doppia imposizione.

Signore e Signori,

per i propri amici, a volte, si vorrebbe essere in grado di spostare le montagne. E quando non ci si riesce, si devono cercare costantemente altre strade. È proprio quello che il mio Paese ha deciso di fare rispetto all’Italia con il tunnel di base del Gottardo.

Tutto è iniziato diciassette anni fa con una votazione popolare, come quasi sempre in Svizzera. Anche in questo caso, il popolo svizzero ha espresso una convinzione: quella della mobilità rispettosa dell’ambiente, quella secondo cui si doveva costruire – nel cuore dell’Europa – il tunnel ferroviario più lungo del mondo, quella che è necessario avvicinare Milano a Zurigo, l’Italia alla Svizzera...

Non mi soffermerò sulle cifre: i costi per decine di miliardi, i chilometri del percorso sotto la roccia, i tempi di percorrenza migliorati... Tutto ciò è straordinario. Ma lo è ancora di più l’avventura umana, tutte le persone che hanno avuto un ruolo nella realizzazione di questo progetto del secolo. Molti Svizzeri e, anche, molti Italiani. Vorrei esprimere la mia gratitudine per gli uomini e le imprese – di Svizzera, d’Italia e di altri Paesi – che hanno contribuito a realizzare questo fantastico progetto.

L’inaugurazione avrà luogo tra sette mesi, il 1° giugno 2016. Questa data segnerà una pietra miliare, ma su un vero blocco di granito! Un blocco, perforato per quasi 60 chilometri, per collegarci invece di separarci. Collegare la Svizzera e l’Italia, il Nord e il Sud del continente, così come il «dire» e il «fare» in materia di trasporti e di ambiente.

Signore e Signori,

un’altra convinzione è che solo insieme è possibile affrontare i grandi problemi dell’attualità. Si deve collaborare per trovare soluzioni politiche che permettano di ricostruire la pace nei luoghi dove la guerra ha, purtroppo, portato solo distruzione. Lo scorso anno, nell’ambito dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, i nostri due Paesi hanno collaborato attivamente per evitare il peggio in Ucraina e per l’Europa. Noi presiedevamo l’organizzazione, un cittadino italiano era a capo del segretariato generale dell’organizzazione e l’Italia ha detenuto la presidenza semestrale dell’Unione europea. Quest’anno, i nostri due Paesi s’impegnano per riuscire a far valere la ragione piuttosto che le armi in Siria.

Ed è anche insieme che i Paesi devono intensificare il loro impegno umanitario: l’impegno di fare rispettare meglio il diritto internazionale umanitario, come lo richiede l’iniziativa del CICR e della Svizzera, tenacemente sostenuta dall’Italia; l’impegno di fornire più aiuti sul posto nelle crisi e nei Paesi vicini.

La Svizzera ha appena aumentato il suo aiuto umanitario attorno alla Siria e nel Corno d’Africa: sostiene le grandi organizzazioni umanitarie, in particolare il Programma alimentare mondiale, poiché la situazione in queste regioni è molto più drammatica di quello che abbiamo cercato di mostrare nelle torri del Padiglione svizzero dell’Expo... Inoltre sosteniamo direttamente la formazione dei giovani, con il ripristino delle infrastrutture scolastiche in Giordania per esempio, visto che in quel Paese vi sono all’incirca 100 000 bambini profughi siriani che non trovano posto in scuole già sovraffollate... Un’altra immagine della vicinanza italo-svizzera in questo ambito: Paolo e io siamo stati in Giordania contemporaneamente una decina di giorni fa.

Solo lavorando congiuntamente il continente europeo supererà la crisi attuale dei profughi. Un’altra convinzione: si devono innanzitutto intensificare gli sforzi politici per fermare la guerra e prestare prima aiuto sul posto. La Svizzera ha anche mostrato la sua solidarietà con il continente europeo e i Paesi in prima linea nella crisi dei migranti, impegnandosi ad accogliere profughi che si trovano nei Paesi dell’Unione europea, a condizione che gli obblighi degli Stati membri di Schengen/Dublino siano rispettati, in particolare la registrazione sistematica di chi arriva.
 
E a questo punto, vorrei esprimere un’altra convinzione: penso che sia ora che gli attori europei diano prova di pragmatismo quando si tratta di affrontare le sfide dell’immigrazione.

Prendiamo il caso della Svizzera: un tasso d’immigrazione tra i più elevati al mondo; oltre un quarto della popolazione svizzera è nata all’estero; inoltre, 300 000 frontalieri la fanno diventare il luogo europeo più toccato da questo fenomeno; una destinazione di primo rango per i lavoratori europei: una su dieci delle persone che fanno ricorso alla libera circolazione delle persone in Europa arriva in Svizzera. È un’opportunità per il nostro sviluppo economico, ma è anche una vera e propria sfida in termini d’integrazione che, in Svizzera, è realizzata soprattutto alla base: la società civile e le comunità locali.

A fronte dell’evoluzione del mondo, la popolazione esprime la propria preoccupazione. In una democrazia diretta questo avviene in modo molto rapido e concreto. I cittadini svizzeri hanno deciso che la nostra Costituzione deve prevedere un miglior controllo della migrazione; che si deve prendere in mano la situazione.

Il Consiglio federale è convinto che solo un atteggiamento pragmatico può permettere di conciliare la libera circolazione delle persone con la volontà della popolazione. Solo un simile atteggiamento pragmatico può permettere di collegare una migliore gestione della migrazione con lo sviluppo della via bilaterale Svizzera-UE. E per una regione che è in grado di collegare il Nord e il Sud del continente scavando sotto le Alpi, questo deve essere possibile!

Il catalizzatore di questa soluzione pragmatica è da cercare, ancora una volta, nel nostro interesse condiviso; negli intensi legami umani tra la Svizzera e l’Italia.

Conoscete anche l’incredibile intensità degli scambi commerciali tra la Svizzera e l’UE, da un lato, e tra la Svizzera e l’Italia, dall’altro: un miliardo di franchi svizzeri per giorno feriale tra la Svizzera e l’Europa; mentre il commercio della Svizzera con le sole regioni frontaliere dell’Italia del Nord – cioè Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige – equivale agli scambi tra la Svizzera e la Cina...

È in questo contesto di ricerca pragmatica di una soluzione alla libera circolazione delle persone, che in questi ultimi mesi il Consiglio federale e la Commissione europea hanno avviato intense consultazioni. La ricerca di una soluzione concreta non è semplice, ma l’equazione politica non è così complicata: o si ha una volontà reciproca di pragmatismo, e quindi si giungerà a una soluzione vincente per entrambe le parti, o si fallisce e non ci saranno che perdenti. La via bilaterale è una conquista positiva per entrambe le parti: per la Svizzera e per l’UE, e soprattutto per i nostri Paesi confinanti. E anche per molti ambiti d’interesse comune, dai trasporti terrestri o aerei alla facilitazione del commercio, passando per il transito dell’elettricità, l’istruzione e la ricerca.


Vorrei rendervi partecipi di un’ultima convinzione, Signore e Signori: quello che facciamo oggi insieme – che sia in questo forum o nel nostro dialogo bilaterale con Paolo oppure nel quadro dei vari negoziati con l’UE – lo facciamo per la popolazione, per gli uomini, le donne e i bambini di oggi come pure per le generazioni future.

L’unica questione veramente centrale non è sapere se dobbiamo costruire il futuro assieme, ma come lo dobbiamo fare.

Pertanto vorrei ringraziare ancora una volta tutte e tutti voi per il vostro contributo a trovare soluzioni; grazie per il tempo, la passione, l’energia e la convinzione che ci mettete.


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