Meccanismi di diligenza delle imprese: possibili modelli

Berna, 28.05.2014 - Le imprese svizzere con attività all’estero potrebbero essere tenute a un obbligo di diligenza e di reporting pubblico in materia di diritti umani e ambiente. In un rapporto all’attenzione del Parlamento, il Consiglio federale ha illustrato varie possibili soluzioni fornendo così la base per concrete proposte legislative.

Con il rapporto, il Consiglio federale adempie un postulato della Commissione della politica estera (CPE) del Consiglio nazionale (12.3980) e una raccomandazione formulata nel Rapporto di base sulle materie prime del 27 marzo 2013. La CPE-N aveva incaricato il Collegio esecutivo di commissionare all'Istituto svizzero di diritto comparato (ISDC) una perizia in base alla quale elaborare proposte di soluzione per la Svizzera. Dalla perizia dell'ISDC è emerso che nessun ordinamento nazionale esaminato impone alle imprese di analizzare in maniera esaustiva le conseguenze a livello di diritti umani e ambiente o di renderne conto prima di avviare qualsiasi attività all'estero.

Provvedimenti in altri Paesi

I meccanismi di diligenza e i reporting sono tuttavia promossi con varie misure. In Francia e Danimarca, ad esempio, le grandi imprese devono occuparsi nel loro rapporto annuale anche di diritti umani e di ambiente. Nel Regno Unito i direttori (consiglieri d'amministrazione) di una società sono per legge tenuti a considerare le conseguenze a lungo termine dell'attività aziendale e a pubblicare gli indicatori non finanziari connessi con la protezione ambientale. Di recente il Parlamento europeo ha approvato una direttiva che obbliga le imprese a inserire nel rapporto d'esercizio informazioni non finanziarie sui diritti umani e l'ambiente nonché a indicare la loro strategia e il rispetto degli obblighi di diligenza. In altri Paesi, simili reporting sono incentivati anche con l'assegnazione di premi o l'allestimento di classifiche.

Possibili soluzioni per la Svizzera

In base alla perizia comparativa, il Consiglio federale traccia nel suo rapporto possibili soluzioni legislative per la Svizzera. Il consiglio d'amministrazione potrebbe ad esempio essere obbligato ad adottare misure tese a garantire il rispetto dei diritti umani e la protezione dell'ambiente in tutte le attività della società. Sarebbe ipotizzabile anche un ampliamento degli obblighi di diligenza del consiglio d'amministrazione che, oltre agli interessi dell'impresa, dovrebbe tener conto anche dei diritti umani e della tutela ambientale.

Le imprese potrebbero inoltre essere obbligate a stilare un reporting sui diritti umani e la protezione dell'ambiente da pubblicare eventualmente in Internet o inserire nel rapporto annuale e a fornire così informazioni sulla politica aziendale e sulle misure attuate per ridurre i rischi identificati. Sarebbero infine possibili vari meccanismi di controllo interni o esterni.

Coordinamento internazionale

Secondo il Consiglio federale, un maggiore impegno per i diritti umani e l'ambiente da parte delle imprese non può pregiudicare l'attrattiva della piazza economica svizzera. Le eventuali misure devono essere efficaci e corrispondere a un marchio di qualità dell'impresa senza tuttavia condurre a un isolamento della Svizzera.

L'obiettivo deve essere uniformare il diritto a livello internazionale, poiché il rispetto dei diritti umani e la protezione ambientale sono temi transfrontalieri. Sebbene al momento non si delinei un consenso su un accordo internazionale, il rapporto constata tuttavia una tendenza generale verso la trasparenza e una maggiore responsabilità diretta delle imprese.


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