Giorno della Memoria: la responsabilità di ricordare – per le vittime e per noi stessi
Berna, 27.01.2022 - Berna, 27.01.2022 – Messaggio del Presidente della Confederazione e capo del Dipartimento federale degli affari esteri DFAE, Ignazio Cassis, in occasione della Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto
Commemoriamo perché non vogliamo dimenticare. Perché non dobbiamo dimenticare. Perché vogliamo capire la storia e trarne insegnamenti. Per questo motivo, ogni anno nel Giorno della Memoria commemoriamo i sei milioni di uomini, donne e bambini ebrei uccisi e tutte le altre vittime dell’Olocausto.
Oggi, esattamente 77 anni fa, il 27 gennaio 1945, le truppe dell’Armata Rossa arrivarono al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau e liberarono i superstiti. I prigionieri del campo di concentramento di Buchenwald dovettero invece resistere ancora 11 settimane. Uno di questi è Fishel Rabinowicz, un uomo straordinario che ho avuto il grande onore di conoscere personalmente qualche giorno fa in Ticino.
1. Arte come espressione del ricordo
Fishel Rabinowicz ha 97 anni ed è uno degli ultimi superstiti dell’Olocausto che vivono in Svizzera. Nato nel 1924 in Polonia, è stato deportato nel 1941 in diversi campi di lavoro forzato e di concentramento dove trascorse quattro anni della sua vita. I suoi genitori e sette dei suoi nove fratelli non sono sopravvissuti all’Olocausto. Al momento della sua liberazione Rabinowicz pesava meno di 30 chili, ma è sopravvissuto.
Il giovane Rabinowicz giunse in Svizzera nel 1947. Dopo una permanenza al sanatorio di Davos iniziò un apprendistato, si sposò e si trasferì in Ticino. Da sempre artista pieno di talento, dopo il suo pensionamento iniziò a trasporre la sua biografia in immagini grafiche. «Le mie opere devono servire a non farci dimenticare mai quello che è successo», dice spiegando la sua passione. Negli anni ha creato 50 opere d’arte, un’impressionante approccio visivo con l’ebraismo e la Shoah.
2. Non dobbiamo mai dimenticare
Vedere le sue opere e ascoltare di persona l’incredibile storia della sua vita mi ha profondamente toccato. Possiamo ancora ascoltare queste testimonianze di sopravvissuti. Possiamo ancora incontrarli, stringere loro la mano e sederci accanto a loro. Sono voci fioche che ci parlano. Ma quello che hanno da dire è importante – forse più importante che mai. Spetta a noi conservare le loro parole.
Lo scrittore italiano e sopravvissuto all’Olocausto Primo Levi ribadiva: «Meditate che questo è stato: / vi comando queste parole. / Scolpitele nel vostro cuore / stando in casa andando per via / coricandovi, alzandovi. / Ripetetele ai vostri figli.»
3. Una responsabilità comune
Quando commemoriamo l’Olocausto, lo facciamo per le milioni di persone che non sono sopravvissute. Lo facciamo però anche per i superstiti. Lo facciamo per noi. Solo se capiamo come qualcosa è potuta accadere, possiamo prevenire simili atrocità in futuro. Le generazioni nate dopo la guerra non sono responsabili dell’Olocausto. Ma abbiamo la grande responsabilità di ricordare e di fare tutto il possibile perché la storia non si ripeta.
Abbiamo la responsabilità di batterci contro l’antisemitismo, il razzismo, l’odio, la violenza e il totalitarismo. Il Consiglio federale si esprime chiaramente e inequivocabilmente contro il razzismo. Nel giugno scorso ha difatti adottato un rapporto in cui sono formulate raccomandazioni su come avviare misure contro l’antisemitismo in Svizzera.
4. La pluralità come bene supremo
Non si può commemorare l’Olocausto senza trasmettere informazioni e sapere – soprattutto, ma non unicamente, nelle scuole. Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli progressi nel settore della tecnologia dell’informazione che permettono di raggiungere anche i giovani per interessarli alla storia dell’Olocausto e alle testimonianze dei sopravvissuti. Inoltre, a me personalmente e al Consiglio federale in corpore sta molto a cuore la creazione in Svizzera di un luogo commemorativo delle vittime del nazionalsocialismo.
Durante l’Olocausto sono state uccise milioni di persone – ebrei, Sinti, Rom, disabili, omosessuali. I loro sogni e le loro speranze sono stati spenti nel nome di un’ideologia disumana che non tollera la pluralità. Una pluralità che però è proprio la nostra forza. Spetta a tutti noi fare del nostro meglio per curare questa pluralità e difenderla in qualsiasi circostanza. Tutti dobbiamo sempre schierarci dalla parte di coloro che non possono difendersi – per un mondo libero, democratico e basato sullo Stato di diritto.
Indirizzo cui rivolgere domande
Comunicazione DFAE
Palazzo federale ovest
CH-3003 Berna
Tel. Servizio stampa: +41 58 460 55 55
E-Mail: kommunikation@eda.admin.ch
Twitter: @EDA_DFAE
Pubblicato da
Dipartimento federale degli affari esteri
https://www.eda.admin.ch/eda/it/dfae.html