Discorso del 1° agosto

Berna, 01.08.2018 - Discorso della Consigliera federale Doris Leuthard, Losanna, 1° agosto 2018

(fa fede il testo parlato)

Care concittadine e cari concittadini,

vi ringrazio per avermi invitato alla vostra festa del 1° agosto e per la splendida accoglienza riservatami qui a Losanna, via acqua e via terra.

Sono felice di vedere anche tanti bambini, il futuro del nostro Paese, di cui oggi celebriamo la nascita.

I giovani si preoccupano della loro Patria. Poco tempo fa alcuni ragazzi mi hanno scritto dicendomi quello che gli piace della Svizzera.

Vorrei citare tre delle loro frasi:

  • «Siamo un piccolo Paese con molte differenze al suo interno, ma anche con molte qualità.»
  • «Rispetto agli altri Paesi dell'Europa abbiamo solo piccole differenze; ma proprio queste fanno una grande differenza.»
  • «La Storia ci ha insegnato che insieme siamo più forti.»

Questi giovani hanno forse meno esperienza di vita rispetto agli adulti, eppure hanno già imparato quanto sono importanti:

  • l'integrazione di tutti;
  • la ricerca di soluzioni comuni;
  • il compromesso;
  • la moderazione.
    ►  È questo l’elemento distintivo della Svizzera.

Purtroppo negli ultimi tempi queste virtù sono state un po' dimenticate. Viene osannato il nazionalismo, l'idea di essere migliori degli altri – e da qui il diritto di poter fare quello che si vuole, senza alcun rispetto per l'altro.

Ma si tratta di un'illusione. Nessuno può decidere tutto da sé. Non è così che funziona in famiglia, sul posto di lavoro, nelle associazioni o in politica, e tanto meno sulla scena internazionale.

Nella nostra Costituzione federale, un testo chiave, sono fissati sia dei diritti che dei doveri. Chi dà più importanza alla Costituzione federale rispetto al diritto internazionale:

  • mette a rischio la stabilità e l'affidabilità del nostro Paese;
  • danneggia la piazza economica svizzera;
  • viola i diritti umani.

In poche parole agisce contro gli interessi della Svizzera.

Non è necessario cercare l'autodeterminazione, perché la Svizzera è il Paese dell’autodeterminazione per eccellenza. Quattro volte all'anno ci rechiamo alle urne per esprimere il nostro voto e decidiamo in merito a soluzioni comuni che abbiamo sviluppato insieme, talvolta attraverso un confronto acceso, e che grazie a un ampio consenso politico molto spesso vengono votate anche dalla maggioranza della popolazione. In nessun altro Paese la popolazione gode di tanti diritti di partecipazione alla vita politica. Ma anche da noi le decisioni non vengono prese da un’unica persona. Al termine di un processo è la maggioranza a decidere.

Viviamo in un'epoca in cui, anche al di là dei nostri confini, si vorrebbe decidere tutto da sé. Invece nessuno può affrontare da solo le sfide del mondo globalizzato. Basti pensare – in queste torride giornate – al riscaldamento climatico, che non conosce confini e può essere risolto solo a livello internazionale. Per questo motivo la Svizzera ha aderito all'accordo di Parigi sul clima. Nel quadro dell’accordo ci è data la possibilità di fissare autonomamente i nostri obiettivi e le misure che vogliamo adottare. Restare con le mani in mano, comunque, non è un’opzione. E questo vale per tutti i Paesi del pianeta. In questo contesto mi complimento con Losanna per l’ottenimento del premio Energy Gold Award.

Non dimentichiamoci che la Svizzera è sempre stata collegata con il resto del mondo. Da secoli curiamo i contatti con altri Paesi attraverso il commercio e lo scambio, e ci adoperiamo a livello internazionale per la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani. Una politica dei dazi, dell'isolamento e dell'annullamento di importanti accordi internazionali minaccia questo modello di successo, destabilizza il mondo intero e mette in moto una pericolosa spirale negativa. Tale spirale non riguarda soltanto l’economia: negli ultimi dieci anni i Paesi che, nel loro processo di democratizzazione, hanno fatto dei passi indietro sono stati più numerosi di quelli che hanno fatto dei progressi. La libertà di stampa è più che mai minacciata, nei Paesi industrializzati aumenta il terrorismo e i flussi migratori raggiungono valori record: si tratta di un’evoluzione allarmante. Se alla fine tutti si isolano e si combattono, ognuno di noi è perdente. Se vogliamo vivere insieme, lavorare, dedicarci al commercio e agli scambi, abbiamo bisogno di regole: regole negoziate a livello internazionale, che valgano per tutti, e sulle poter fare affidamento. Multilateralismo e diritti scaturiti da un processo negoziale sono fattori essenziale di stabilità e di benessere. Sono garanti di tutela, laddove necessario.

Da sempre è questa la strada percorsa dalla Svizzera: guardare con interesse al nuovo e ottimizzare ciò che fa per noi, puntando sull'innovazione. Da anni ci muoviamo all’avanguardia: perché facciamo la cosa giusta al momento giusto, perché puntiamo sull'istruzione e su buone condizioni quadro per la ricerca e l'economia. Negli ultimi mesi la parola inglese «first» è stata usata spesso. Anche io posso usarla, ma preferisco dire: «Be first, but be right!»

«Be right»: è questo l’atteggiamento assunto dal Consiglio federale anche nei confronti dell'UE. Il Collegio si impegna con determinazione a favore di un accordo quadro. Esso sarà per noi fonte di sicurezza giuridica; i nostri attuali accordi, infatti, sono statici e ogni novità deve essere negoziata faticosamente, con un notevole onere burocratico. Un accordo quadro garantirà sicurezza e regole chiare in materia di accordi di accesso al mercato; ciò vale sia per le imprese svizzere che europee. Né più né meno. Trovare una soluzione sostenibile è possibile. Il seguente principio è sacrosanto per il Consiglio federale: le ditte estere che mandano mano d’opera in Svizzera non devono indebolire il nostro sistema e devono attenersi alle nostre regole. Che un periodo di controllo sia di cinque o di otto giorni, nulla cambia in termini di tutela. Per la Svizzera è importante mantenere buoni rapporti con il mercato interno europeo, non da ultimo per la stabilità economica delle due parti. Ogni giorno, infatti, nel commercio di beni e servizi tra la Svizzera e l’UE si realizza una cifra d’affari di 1,2 miliardi di franchi.

Il nostro benessere dipende in maniera determinante dalla stabilità e da un’economia prospera, ma anche dall’Europa. La maggior parte di noi è cresciuta in un contesto pacifico e stabile, ed è l'erede fortunata di un'epoca in cui l'economia era in costante crescita.

Abbiamo fatto l’esperienza che attraverso l'integrazione delle minoranze e l'attenzione per le lingue nazionali, per le diverse culture e religioni, la Svizzera è cresciuta, ricevendo in cambio benessere, pace civile e sociale. Losanna e l'Arco lemanico ne sono un esempio vivente: negli ultimi anni in nessuna regione l'economia è cresciuta più rapidamente. Complimenti!

Certo, le discussioni sono necessarie e vanno affrontate con determinazione, ma sempre in modo corretto e senza ferirsi gli uni gli altri. Alla fine dobbiamo poterci guardare negli occhi e andare avanti insieme.

È questo l'atteggiamento che dovremmo mantenere per ogni compito importante che il nostro Paese deve affrontare.

Penso ad esempio all'AVS, che secondo l'istituto demoscopico GFS di Berna rappresenta la maggiore preoccupazione della nostra popolazione. In Svizzera l'aspettativa di vita aumenta continuamente e le persone rimangono sane più a lungo. È uno sviluppo positivo ma, al contempo, una sfida per la nostra società. Cresce il numero dei pensionati, mentre diminuisce quello dei lavoratori, che versano i contributi per le pensioni. Se oggi circa 2,6 milioni le persone ricevono l'AVS, nel 2033 saranno circa 3,8 milioni. Ogni anno andranno in pensione 170 000 nuove persone.

Abbiamo quindi bisogno di riforme che garantiscano l'AVS ancora per lungo tempo, permettendo così a tutte le persone anziane di vivere serenamente, anche in futuro. Senza una soluzione sostenibile i nostri giovani pagheranno la fattura; e ciò non è corretto.

Nemmeno un anno fa il progetto presentato dal Consiglio federale e dal Parlamento per una riforma dell'AVS e della LPP è uscito sconfitto dalle urne, anche qui a Losanna, perché la maggioranza dei votanti non lo ha ritenuto sufficientemente equilibrato.

Il Popolo ha detto no anche al Progetto fiscale 17: molte persone lo hanno respinto perché pensavano che finalmente fosse giunto per loro il momento di un’agevolazione fiscale, ritenendo inoltre che le grandi imprese avrebbero approfittato in maniera eccessiva del progetto. Nel contempo, però, tutti sono d’accordo nel riconoscere che abbiamo bisogno di imprese che paghino le tasse in Svizzera. Al 25 per cento circa delle imprese dobbiamo quasi il 100 per cento del gettito dell’imposta federale. Le PMI in buona parte non pagano tasse. E anche nel caso delle persone fisiche, circa il 10 per cento paga l’80 per cento delle tasse federali. Di esse dobbiamo avere cura. Per essere competitivi sulla scena internazionale, inoltre, dobbiamo essere fiscalmente attrattivi, e questo ha un prezzo.

Servono quindi nuove soluzioni, perché i problemi rimangono, e vanno risolti quanto prima.

Le idee sono già sul tavolo: Il nuovo progetto del Consiglio federale per il risanamento dell'AVS prevede l'aumento dell'imposta sul valore aggiunto e l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne a 65 anni, quest'ultimo accompagnato da misure sociali compensative. Come donna accetto questo passo, anche perché noi donne approfittiamo più a lungo dell’AVS rispetto agli uomini. Ma quel che deve finire è la discriminazione salariale femminile.

Le critiche sono sempre lecite. Alla fine, però, servono soluzioni condivise dalla maggior parte della popolazione, in particolare dai giovani. Senza scendere a compromessi non sarà possibile trovare soluzioni per la riforma delle opere sociali né per l'imposizione fiscale delle imprese. Ora spetta a noi decidere.

Lo stesso vale per il tema della salute. La popolazione è molto soddisfatta delle prestazioni che riceve, ma anche preoccupata per i costi in continuo aumento.

Siamo chiamati a garantire una qualità elevata del sistema sanitario e il suo accesso a tutti senza far crescere continuamente i costi, ossia senza gravare pesantemente in particolare sulle famiglie e sul ceto medio. Per riuscirci è però necessario che tutti siano aperti al cambiamento. Se ognuno di noi insiste sul mantenimento dei privilegi acquisiti, la spirale dei costi continuerà a crescere.

Il Consiglio federale fa quello che è in suo potere: ha avviato e attuato una serie di misure che hanno già ridotto di varie centinaia di milioni di franchi i costi sanitari annui. Ecco alcuni esempi:

  • abbiamo arginato l'aumento dei prezzi dei medicinali;
  • dopo anni di blocco tra medici, ospedali e casse malati, abbiamo adeguato il sistema tariffario TARMED, correggendo le tariffe sproporzionate di alcune prestazioni e alcuni incentivi negativi, nonché aumentando la trasparenza.

Sono lieta che anche presso i Cantoni e in Parlamento qualcosa si stia muovendo, e che possiamo trarre beneficio dalla digitalizzazione. Noi tutti siamo parzialmente responsabili della nostra salute e possiamo decidere, in caso di malattia, per quante e quali terapie optare. Non possiamo chiuderci di fronte a questa discussione, ne va della finanziabilità del nostro sistema sanitario. Anche qui dobbiamo muoverci.

Infine, anche due partiti politici vogliono lanciare iniziative popolari, ciascuno con una propria ricetta, per bloccare i costi sanitari elevati.

Cari ospiti,

nell’affrontare queste sfide il Consiglio federale e il Parlamento hanno una loro responsabilità, così come l’avete voi, concittadine e concittadini di questo Paese.

Vi invito a fare la vostra parte. Riflettete insieme a noi! Cerchiamo insieme la soluzione migliore, perché siamo innovativi, creativi, diligenti, coraggiosi, dinamici e curiosi! Senza di voi la nostra democrazia diretta non può funzionare.

Ciò significa però anche: informarsi! E a volte forse leggere qualcosa di più di un giornale gratuito o di un’informazione fugace su Internet. L'esperienza ci insegna che, chi è informato, decide bene alle urne.

Dobbiamo impegnarci per i giovani che oggi celebrano la Festa nazionale con noi. Sui loro volti leggo fiducia e attesa gioiosa per quello che verrà. I giovani vedono opportunità, non rischi. Sono loro ad incoraggiarci.

Sosteniamoli e modelliamo in modo sostenibile e lungimirante la vita delle generazioni future!

Manteniamo viva per loro anche in futuro la cultura del compromesso! Ne è sempre valsa la pena.

Buona Festa del 1° agosto!


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