Persone escluse dal sistema dell’asilo: storie di vita, vie d’uscita, prospettive

Berna, 18.12.2019 - Alcuni migranti non sono autorizzati a restare in Svizzera né come rifugiati né come persone ammesse provvisoriamente e sono quindi tenuti a lasciare il Paese. In occasione della Giornata internazionale dei migranti, la Commissione federale della migrazione CFM pubblica un rapporto, e le raccomandazioni da esso scaturite, sulle persone che vengono escluse dal sistema dell’asilo. Il rapporto, redatto dalla società esterna KEK Beratung, intende delineare i profili di questi individui, comprendere come vivono in seguito all’esclusione dal sistema dell’asilo, quali strade intraprendono e quali prospettive riescono a crearsi. Il documento include inoltre sei ritratti finalizzati a dare loro «un volto».

Secondo le statistiche, tra il 2008 e il 2017 quasi 230 000 persone hanno presentato domanda d’asilo in Svizzera. In questo stesso periodo, più di 180 000 sono ripartite dal nostro Paese. In circa la metà dei casi, non si sa dove risiedano attualmente: alcune sono probabilmente tornate nel Paese d’origine senza aver notificato la propria uscita dalla Svizzera quando hanno attraversato il confine; un secondo gruppo si è forse trasferito in un altro Paese, dove ha ripresentato domanda d’asilo o dove si è stabilito senza permesso ufficiale; un terzo gruppo ha probabilmente eluso i controlli delle autorità rimanendo in Svizzera senza un regolare permesso di dimora. Si stima che, prima di diventare soggiornanti irregolari, fino al 30 per cento dei sans-papiers che vivono in Svizzera avesse presentato domanda d’asilo.

C’è poi un numero considerevole di persone che non è in grado di lasciare il Paese perché sussistono determinati ostacoli all’esecuzione della decisione di allontanamento ed è impossibile ottenere i documenti di viaggio necessari. Queste persone sono spesso tributarie del soccorso d’emergenza. Tra loro rientrano soprattutto le famiglie con bambini e gli individui vulnerabili che non hanno l’opzione di soggiornare in Svizzera senza documenti e provvedere clandestinamente al proprio sostentamento. Degli 8500 richiedenti l’asilo respinti che alla fine del 2017 vivevano del soccorso d’emergenza, circa il 60 per cento ne beneficia da lungo tempo.

Le sette raccomandazioni formulate dalla CFM sono finalizzate a proporre le strade che le persone che hanno l’obbligo di lasciare la Svizzera potrebbero percorrere per uscire dalla precarietà insita all’incertezza del loro soggiorno.

Alternative al soccorso d’emergenza e all’irregolarità

Chi beneficia del soccorso d’emergenza si trova nella situazione paradossale di un’«illegalità regolare». Non potendo lavorare, né seguire corsi di lingua o formazioni oppure usufruire di altre offerte d’integrazione, le prospettive di queste persone di costruirsi una vita indipendente, in Svizzera o all’estero, si restringono enormemente. Questa mancanza di prospettive, unita alla pressione permanente di dover lasciare la Svizzera e alla paura latente del rinvio forzato, sembrano ripercuotersi sullo stato di salute, fisico o psichico, di chi percepisce il soccorso d’emergenza da lungo tempo.

Nel caso delle persone la cui domanda d’asilo è stata respinta e che, dopo molti anni di soggiorno in Svizzera, sono ben «integrate» nella società, andrebbe sempre e attivamente verificato se si può ricorrere alla regolamentazione di un caso di rigore. È importante che, nella verifica, si tenga conto della situazione e delle realtà specifiche della persona in questione. A seconda dei casi, i criteri applicabili dovrebbero essere considerati nel modo più flessibile possibile.

Processo di ritorno più flessibile

Nell’ultimo decennio meno del dieci per cento delle persone escluse dal sistema dell’asilo e obbligate a lasciare la Svizzera ha beneficiato dell’aiuto al ritorno, il che significa che il potenziale di questo strumento non è ancora stato sfruttato appieno. La CFM raccomanda pertanto di impostare il processo di ritorno in modo più flessibile. Chi decide di lasciare la Svizzera usufruendo dell’aiuto al ritorno dovrebbe poter discutere con un consulente delle prospettive che gli si presentano e del modo in cui concretizzarle. L’aiuto al ritorno dovrebbe inoltre essere offerto a una cerchia più amplia di destinatari e andrebbe aumentata l’informazione su questo strumento.

Possibilità di lavorare o seguire formazioni

Secondo la CFM è essenziale offrire la possibilità di lavorare o di seguire formazioni di breve durata. A chi riceve una risposta negativa alla propria domanda d’asilo dovrebbe essere permesso di portare a termine il percorso formativo o l’apprendistato intrapreso. Per prevenire l’insorgere di problemi di salute (fisici o psichici), queste persone dovrebbero inoltre poter svolgere un’occupazione o una formazione di breve durata. Quest’ultima opzione andrebbe integrata sempre di più nei programmi di aiuto al ritorno. Le conoscenze e abilità acquisite con una simile esperienza, infatti, possono rivelarsi estremamente utili quando si rientra in patria o si emigra in un altro Paese.

Per quanto riguarda i bambini e i giovani, è inoltre importante garantire che possano frequentare la scuola pubblica e svolgere una formazione (professionale o di altro tipo) del livello secondario II. I figli dei richiedenti l’asilo respinti non vanno puniti per il comportamento dei genitori.


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