CFR - Essere svizzeri non protegge dal razzismo

Berna, 11.12.2018 - La Commissione federale contro il razzismo (CFR) dedica il numero 42 del suo bollettino TANGRAM alle convergenze e alle differenze tra il lavoro d’integrazione e la lotta al razzismo. Entrambi sono indispensabili, complementari e mirano essenzialmente a consentire a tutti i cittadini di vivere insieme nel rispetto dei diritti fondamentali garantiti dal nostro Stato di diritto. Ma il razzismo non colpisce soltanto gli stranieri: un uomo svizzero di colore, una donna svizzera musulmana o di religione ebraica, oppure una famiglia jenisch possono essere oggetto di attacchi e discriminazioni di matrice razzista. Anche gli stranieri perfettamente integrati sono esposti al razzismo e alla discriminazione. Né un’integrazione riuscita e nemmeno la nazionalità svizzera mettono al riparo dal razzismo.

Attraverso osservazioni condotte da specialisti attivi sul terreno, rappresentanti di minoranze ed esperti, questo nuovo numero di TANGRAM evidenzia i vantaggi e i limiti della politica d’integrazione nella lotta alle discriminazioni e illustra le sfide da affrontare per un approccio più globale alla lotta contro il razzismo in Svizzera.

Da quando la prevenzione del razzismo è stata inclusa nei programmi d’integrazione cantonali si sono registrati numerosi progressi: i Cantoni e i Comuni si attivano ora apertamente per combattere le discriminazioni. Il che, in passato, non era sempre il caso, come testimoniano alcuni operatori cantonali. Una persona straniera ben integrata è certamente meno a rischio di subire discriminazioni, ma non per questo la lotta e la prevenzione del razzismo devono limitarsi alla politica d’integrazione – per quanto efficace questa possa essere. Anche gli svizzeri e gli stranieri perfettamente integrati possono essere vittima di atti razzisti e discriminatori, come sostengono diversi studiosi intervenuti in questo numero di TANGRAM.

Stefan Heinichen rileva che i rom e i sinti sono tuttora deliberatamente emarginati e considerati «diversi» dagli enti pubblici, dai politici e dalla società di maggioranza. Sabine Simkhovitch-Dreyfus, dal canto suo, deplora che la lotta all’antisemitismo sia inclusa nella politica d’integrazione poiché, a suo avviso, questa situazione è «incompatibile con la natura stessa dell’antisemitismo e con il senso di appartenenza degli ebrei alla Svizzera».

Per Thomas Facchinetti, già delegato agli stranieri nel Cantone di Neuchâtel, «è necessario combinare sistematicamente le politiche d’integrazione e quelle di lotta al razzismo. In questo senso, è essenziale includere un pacchetto di obiettivi di lotta alla discriminazione, in particolare alla discriminazione razziale, nei programmi d’integrazione comuni sottoscritti da Confederazione e Cantoni».

«La politica di lotta contro il razzismo interessa un settore di attività e competenza più ampio rispetto a quello dell’integrazione. Gli stereotipi sono duri a morire e se ne infischiano della nazionalità Per questo motivo, gli strumenti di lotta alla discriminazione previsti nei programmi d’integrazione cantonali devono beneficiare di tutta l’attenzione e le risorse finanziarie necessarie», conclude Martine Brunschwig Graf, presidente della CFR.


Indirizzo cui rivolgere domande

Martine Brunschwig Graf, presidente della CFR, 079 507 38 00, martine@brunschwiggraf.ch
Sabine Simkhovitch-Dreyfus, vicepresidente della CFR, 078 707 27 67, sabine.simkhovitch@cabinetmayor.ch



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Commissioni del DFI


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