Il Consiglio federale respinge l’iniziativa sui salari minimi

Berna, 16.01.2013 - Il Consiglio federale si è detto contrario all’iniziativa popolare federale “Per la protezione di salari equi” (Iniziativa sui salari minimi). In data odierna esso ha licenziato il relativo messaggio destinato al Parlamento. L’iniziativa chiede alla Confederazione e ai Cantoni di impegnarsi in favore della promozione dei salari minimi nelle convenzioni collettive di lavoro e stabilisce un salario minimo legale nazionale. Secondo il Consiglio federale i promotori dell’iniziativa rimettono in discussione i meccanismi di fissazione dei salari attuati in Svizzera da decenni. Pertanto, il Consiglio federale respinge l’iniziativa senza opporvi un controprogetto, confermando in tal modo la decisione di principio del 4 luglio 2012.

L’iniziativa popolare chiede di introdurre un salario minimo nazionale obbligatorio di 22 franchi all’ora. Il Consiglio federale condivide l’obiettivo degli autori dell’iniziativa, ossia fare in modo che chiunque possa vivere degnamente dei frutti del proprio lavoro. Tuttavia, ritiene che l’iniziativa sui salari minimi non sia lo strumento adatto al raggiungimento di tale obiettivo.

Per i salari bassi e medi, il partenariato sociale e i contratti collettivi di lavoro (CCL) rivestono una grande importanza. Con l’introduzione della libera circolazione delle persone sono state adottate misure di accompagnamento volte a proteggere i lavoratori dal dumping salariale. L’anno scorso il Consiglio federale ha sottoposto al Parlamento nuove misure per la lotta all’indipendenza fittizia e il rafforzamento della responsabilità solidale che permettono di combattere in maniera ancora più efficace il dumping salariale. Il Parlamento ha dato al sua approvazione: le misure contro l’indipendenza fittizia sono entrate in vigore il 1° gennaio 2013, mentre la responsabilità solidale sarà rafforzata dal 1° luglio 2013. Sono dunque disponibili strumenti adeguati per contrastare le conseguenze indesiderate in materia di salari e di condizioni lavorative. L’eccellente funzionamento del partenariato sociale rappresenta una marcia in più per la piazza economica svizzera. L’introduzione di un salario minimo legale indebolirebbe questo vantaggio riducendo il margine di manovra nelle negoziazioni e la responsabilità dei partner sociali.

La flessibilità applicata alla politica di formazione dei salari ha contribuito notevolmente a raggiungere risultati soddisfacenti in materia di impiego e di ripartizione dei redditi. La Svizzera presenta un elevato tasso di occupazione e un basso tasso di disoccupazione. Rispetto ad altri Paesi, il divario tra i salari e la quota di lavoratori che svolgono un impiego a salario modesto sono tra i più bassi.

L’introduzione di un salario minimo legale nazionale, come previsto dall’iniziativa, metterebbe a rischio molti impieghi e il buon funzionamento del mercato del lavoro. Le piccole e medie imprese (PMI), che rappresentano una parte consistente dell’economia svizzera, sarebbero maggiormente colpite rispetto alle grandi aziende dall’introduzione di un salario minimo legale. Inoltre, i posti di lavoro sarebbero a rischio e l’integrazione di determinate categorie di persone già vulnerabili diventerebbe più difficile. 

Per questi motivi, il Consiglio federale respinge l’iniziativa senza opporvi un controprogetto. Entro il 21 luglio 2014 l’Assemblea federale deciderà, in base alle scadenze previste nella legge sul Parlamento, se raccomandare al popolo e ai Cantoni di accogliere o di respingere l’iniziativa.


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