Salari svizzeri in valuta estera: nessun divieto - il Consiglio federale propone di respingere due mozioni

Berna, 16.09.2011 - Il Consiglio federale non intende vietare il versamento di salari svizzeri in valuta estera. Pur considerando seriamente le ripercussioni della forza del franco, ritiene tale divieto inopportuno. La misura sarebbe poco atta a tutelare efficacemente i lavoratori dagli effetti economici del franco forte. È quanto specifica nella sua risposta a due mozioni, pubblicata mercoledì.

Le mozioni dei consiglieri nazionali Corrado Pardini (11.3534) e Meinrado Robbiani (11.3608) chiedono di modificare il Codice delle obbligazioni in modo da vietare che i salari svizzeri siano versati in valuta estera o sottoposti a un'indicizzazione valutaria. In alternativa il divieto andrebbe inserito nell'elenco delle misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone e applicato in caso di abusi.

Un divieto sproporzionato

Pur prendendo sul serio l'impatto economico del franco forte, il Consiglio federale giudica sproporzionato vietare il versamento di salari svizzeri in valuta estera - cosa addirittura gradita in determinati casi, ad esempio per i lavoratori distaccati all'estero. Un divieto sarebbe pertanto inopportuno e rischierebbe, in determinate circostanze, di pregiudicare gli interessi di taluni lavoratori.

Tutela nel diritto vigente

Il diritto vigente limita a sufficienza i provvedimenti che i datori di lavoro possono adottare. Il versamento del salario in valuta estera non esenta le imprese dall'obbligo di rispettare i salari minimi convenuti nei contratti collettivi di lavoro (CCL). In caso di dumping salariale ripetuto e abusivo è altresì possibile richiedere il conferimento agevolato del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro o l'emanazione di un contratto normale di lavoro (CNL). A tale proposito il Consiglio federale ha annunciato misure tese a colmare le lacune legislative nell'esecuzione delle misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone. Ne fa segnatamente parte l'introduzione di una sanzione per i datori di lavoro svizzeri che violano un contratto normale di lavoro nel quale sono fissati salari minimi obbligatori. Inoltre un trattamento differenziato dei lavoratori in base alla loro cittadinanza o al loro domicilio violerebbe il principio di non discriminazione dell'accordo sulla libera circolazione.


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