Migliorate ulteriormente le condizioni carcerarie; Pubblicazione del rapporto del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti e della risposta del Consiglio federale

Berna, 13.11.2008 - La maggior parte dei detenuti in Svizzera non subisce maltrattamenti. In seguito all’ultima visita di una delegazione del Comitato, le autorità svizzere hanno comunque già attuato diverse raccomandazioni al fine di rafforzare ulteriormente la protezione di chi si trova in carcere preventivo, centri di allontanamento, penitenziari e istituti di educazione. Questo è quanto emerge dal rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura e dalla risposta del Consiglio federale, che sono stati resi noti oggi.

Una delegazione del «Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti» ha visitato tra il 25 settembre e il 5 ottobre 2007 diversi penitenziari nei Cantoni di Argovia, Berna, Ginevra, Soletta, Vallese e Zurigo. In occasione della sua quinta visita in Svizzera, l'interesse della delegazione si è concentrato in particolare sulla situazione delle persone arrestate dalla polizia o sottoposte a una misura terapeutica stazionaria o all'internamento, nonché sulle condizioni di carcerazione nei reparti di massima sicurezza. La delegazione si è anche interessata della situazione di adolescenti e giovani adulti collocati in istituti di educazione.

Già al termine della sua visita, la delegazione aveva fatto sapere ai rappresentanti della Confederazione e dei Cantoni visitati di non aver riscontrato alcun tipo di tortura o maltrattamento grave. Nel rapporto del 27 marzo 2008 trasmesso al Consiglio federale, il Comitato ha descritto dettagliatamente la sua visita e ha sottoposto alle autorità svizzere una serie di raccomandazioni, commenti e domande.

Clima costruttivo

Come il Consiglio federale ha potuto constatare con soddisfazione, la maggior parte delle persone intervistate dalla delegazione ha affermato di essere stata trattata correttamente durante l'arresto, gli interrogatori e la carcerazione. Nella sua risposta, redatta d'intesa con i Cantoni, il Consiglio federale elenca le misure adottate per rafforzare la protezione delle persone in carcere preventivo, centri di allontanamento, penitenziari e istituti di educazione e sottolinea l'importanza della prevenzione da torture e trattamenti disumani o denigranti o da punizioni. Ringrazia inoltre il Comitato per il clima costruttivo nel quale si è svolta la collaborazione.

Le condizioni di carcerazione possono essere migliorate

Sebbene il Comitato riconosca che le condizioni di carcerazione in Svizzera sono generalmente buone, propone una lista di misure che potrebbero migliorare la situazione dei detenuti. In particolare ricorda che la polizia, al momento dell'arresto, deve limitare l'uso della violenza al minimo indispensabile e che, dal momento che l'indiziato è sotto controllo, qualsiasi altro tipo di violenza non è giustificato. Secondo il parere del Comitato, le condizioni di carcerazione degli stranieri nei centri di allontanamento dovrebbero avvicinarsi quanto più possibile alle condizioni di libertà. Inoltre le autorità della Confederazione e dei Cantoni dovrebbero garantire ai detenuti con problemi psichici condizioni di carcerazione e cure mediche adeguate. Infine i detenuti minorenni e gli adolescenti dovrebbero sistematicamente avere la possibilità di seguire un percorso formativo.

Vietate le tecniche di strangolamento

Nella sua risposta, il Consiglio federale illustra dettagliatamente le misure adottate per migliorare le condizioni generali di detenzione e le cure mediche nei diversi penitenziari. Il Consiglio federale ricorda poi che i collaboratori della polizia cantonale di Ginevra, già prima della visita della delegazione, avevano ricevuto due lettere da parte delle autorità competenti che condannavano qualsiasi forma di maltrattamento dei detenuti. Inoltre, già da tre anni, sia presso le accademie di polizia sia durante i corsi di aggiornamento professionale, viene ricordato che è vietata la presa al collo con l'avambraccio.

Il Comitato si basa sulla «Convenzione europea contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti», ratificata da tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa. Dal 1991 ha visitato la Svizzera cinque volte. Il suo obiettivo non è quello di formulare accuse, ma piuttosto di dare spazio al dialogo con le autorità competenti del Paese visitato al fine di migliorare le condizioni detentive.


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