Sentenza della Corte EDU nel caso Stoll: la Svizzera non ha violato il diritto alla libertà d'espressione

Berna, 10.12.2007 - Condannando il giornalista Martin Stoll, la Svizzera non ha violato il diritto alla libertà d’espressione. Lo ha stabilito con 12 voti a 5 la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU) nella sentenza pronunciata oggi a Strasburgo, che confuta quindi quella emanata nello stesso affare il 25 aprile 2006 da una Camera della Corte EDU.

L'Ufficio federale di giustizia (UFG), che rappresenta il Governo svizzero dinanzi alla Corte EDU, accoglie con soddisfazione la sentenza della Grande Camera. Essa costituisce l'atto conclusivo di un procedimento che è stato deciso, per la Svizzera per la prima volta, dalla Grande Camera e che riveste un'importanza particolare sia dal punto di vista politico che da quello giuridico.

La sentenza conferma a larghi tratti l'argomentazione dell'UFG. Essa assegna la debita importanza al fatto che l'esercizio della libertà d'espressione è legato a "obblighi e responsabilità". Nella sentenza si conclude che, se si tiene conto delle circostanze del caso (contesto politico delicato nonché momento e forma della pubblicazione), la multa inflitta al ricorrente è proporzionata.

La sentenza della Grande Corte riveste importanza al di là del caso specifico, poiché contiene delle risposte alla questione relativa alla possibilità da parte degli Stati membri della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) di proteggere i rapporti diplomatici anche con strumenti di diritto penale, senza con ciò violare la libertà d'espressione. In tal senso la sentenza influirà anche sulla decisione se sostituire l'articolo 293 del Codice penale (Pubblicazione di deliberazioni ufficiali segrete) con una versione più restrittiva o stralciarlo.


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