Berna,
19.09.2003. La Convenzione dell'Aia sui rapimenti internazionali di minori si è
dimostrata di principio efficace nella sua applicazione. Nell'ambito dei
rimpatri di minori ci si può però sporadicamente trovare di fronte a casi
sociali gravi. Il Consiglio federale intende pertanto adoperarsi per un
adeguamento della Convenzione. È ciò che ha risposto a tre interventi
parlamentari.
La
Convenzione dell'Aia sugli aspetti civili del rapimento internazionale di minori
ha l'obiettivo di ricondurre nel loro ambiente abituale i minori rapiti,
indipendentemente dal fatto che siano stati rapiti dal padre o dalla madre e a
prescindere dalla nazionalità delle persone coinvolte. Grazie all'effetto
preventivo della Convenzione e all'attività di consulenza e di mediazione svolta
dalle autorità interessate, un terzo dei casi è risolto rapidamente e
consensualmente, mentre un altro terzo richiede interventi e trattative di più
lunga durata. Nei casi rimanenti la relazione tra i genitori è deteriorata al
punto che per la procedura di ritorno si rende necessario il ricorso a più
istanze giudiziarie. Rispondendo agli interventi delle consigliere nazionali
Doris Leuthard, Ruth-Gaby Vermot-Mangold e Vreni Hubmann, il Consiglio federale
ha sottolineato che la nomina di un patrocinatore prima ancora di intraprendere
un tentativo di mediazione e di intavolare trattative in vista di una
conciliazione non permetterebbe di realizzare l'obiettivo
perseguito.
Non
sradicare inutilmente il bambino
Il Consiglio federale ricorda che la
Convenzione dell'Aia parte dal presupposto che, per il bene del minore e in
considerazione dei dissidi famigliari che già lo turbano, occorre evitare di
sradicarlo inutilmente dal suo ambiente e di allontanarlo dal genitore rimasto
nel suo luogo di dimora abituale. Spetta pertanto al giudice del luogo di dimora
abituale decidere sui diritti di padre e madre, poiché tale magistrato conosce
più a fondo le condizioni di vita del minore e dei suoi genitori. Il giudice
competente per la procedura di ritorno non deve decidere quale dei due genitori
è più indicato per assistere ed educare il minore, al fine di non pregiudicare
la questione ancora controversa relativa al diritto di custodia e di
affidamento. Può invece negare il ritorno, se questo espone il minore a un grave
pericolo per la sua integrità fisica o psichica.
Determinante
la disponibilità dei genitori a cooperare e a giungere a un
compromesso
I
casi menzionati dalle parlamentari non sono rappresentativi. La maggior parte
dei minori sono rimpatriati dai genitori, senza l'ausilio delle autorità. Se i
genitori non intendono o non sono in grado di organizzare il ritorno dei minori,
si può fare ricorso ai servizi dell'Autorità centrale in seno all'Ufficio
federale di giustizia. Un ritorno può però avvenire in condizioni ottimali,
rispettando il più possibile il bene del minore, unicamente se i genitori sono
disposti a cooperare e a trovare compromessi. Poiché nell'ambito dei rimpatri di
minori ci si può in effetti trovare sporadicamente di fronte a casi sociali
gravi, il Consiglio federale si adopererà per un adeguamento della Convenzione
dell'Aia e intensificherà gli sforzi volti ad applicare le norme conformemente
al bene dei minori.
Altre
informazioni:
David
Urwyler, Ufficio federale di giustizia, tel. 031 323 41 32