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Perseguimento coerente della violenza ai danni del coniuge e del convivente

Il Consiglio federale appoggia le proposte avanzate dalla Commissione degli
affari giuridici del Consiglio nazionale

Berna, 19.02.2003. Il Consiglio federale ritiene che non si possa continuare
a tollerare la violenza fisica e sessuale nei confronti del partner etero o
omosessuale considerandola una questione di poco conto o una faccenda
privata, ma che occorra perseguirla con determinazione. Il Consiglio
federale appoggia pertanto le proposte elaborate dalla Commissione degli
affari giuridici del Consiglio nazionale,  secondo cui in futuro i reati
commessi nell'ambito domestico non saranno più perseguibili a querela di
parte, ma d'ufficio.

La protezione della famiglia o della comunità di vita non deve portare a che
in tali relazioni vi sia de facto uno spazio non retto dal diritto
unicamente perché la vittima non depone querela a causa di scrupoli morali,
rassegnazione, dipendenza o paura. È questo il parere del Consiglio
federale, pubblicato martedì in risposta alle proposte presentate dalla
Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale. Le proposte di
modifica del Codice penale prevedono il perseguimento d'ufficio anche per la
coazione sessuale e la violenza carnale commesse all'interno del matrimonio,
come pure per le lesioni corporali semplici, le vie di fatto e le minacce
reiterate perpetrate dal coniuge o dal partner etero o omosessuale. La
qualifica di reati perseguibili d'ufficio sottrae tali conflitti alla sfera
privata, migliora la tutela delle vittime e permette di intervenire
tempestivamente in caso di situazioni critiche.

Il Consiglio federale appoggia inoltre la proposta di sospendere
provvisoriamente il procedimento su richiesta della vittima in caso di
lesioni corporali semplici, di vie di fatto reiterate, di minaccia o
coazione. Il provvedimento si giustifica qualora si tratti di uno
sbandamento unico di un agente pentito oppure qualora l'agente e la vittima
si siano accordati su una soluzione duratura del loro conflitto.

La decisione di proseguire il procedimento o di non luogo a procedere spetta
tuttavia all'autorità competente e non alla vittima, onde evitare tentativi
di intimidazione da parte dell'agente. Se infatti l'autorità competente
appura che il consenso della vittima è stato estorto con la violenza,
l'inganno o la minaccia, il procedimento non sarà sospeso. Se in caso di non
luogo a procedere provvisorio la vittima revoca il proprio consenso entro
sei mesi - per esempio perché l'agente persiste nel suo comportamento
violento deludendo le aspettative - il procedimento viene immediatamente
riaperto. In pratica, il termine per la revoca del consenso corrisponde a un
periodo di prova di sei mesi durante il quale la vittima può giudicare da sé
la buona condotta dell'agente.

Altre informazioni:
André Riedo, Ufficio federale di giustizia, tel. 031 322 41 03