Stemma della Svizzera

CONFOEDERATIO HELVETICA
Le autorità federali della Confederazione Svizzera

Home page
Mail
Cerca

E' nostro dovere riformare il Servizio pubblico - Discorso del Consigliere federale Moritz Leuenberger

E' nostro dovere riformare il Servizio pubblico

Discorso del Consigliere federale Moritz Leuenberger al Congresso annuale
del Partito socialista svizzero
Lugano, 14 ottobre 2000

Dedichiamo il Congresso di quest'anno al Servizio pubblico. Da quando ho
assunto la carica di Consigliere federale, a ogni Congresso nazionale del
partito ho sempre affrontato il tema del Servizio pubblico. I membri del
nostro Gruppo parlamentare vi si dedicano settimanalmente, sia in
discussioni interne che in pubblico; in tutta la Svizzera le sezioni hanno
dibattuto questo tema nelle ultime settimane. Il Servizio pubblico anima in
modo così intenso le nostre discussioni in quanto costituisce l'attuazione
dei princìpi fondamentali del nostro partito. Prima però di parlare della
loro attuazione, è opportuno ricordare i princìpi stessi.

Il nostro obiettivo

Noi miriamo ad una società pacifica, in cui l'odio, la violenza e il
razzismo non hanno posto; una società di cittadini responsabili,
indipendenti, dallo spirito aperto, una società che non trascura gli
interessi delle generazioni future e la tutela dell'ambiente. Vogliamo
libertà, giustizia e uguaglianza, solidarietà a livello mondiale, secondo il
motto Liberté, Egalité, Fraternité.

Una società tollerante e aperta: un fatto per nulla scontato

Purtroppo, ricordarlo un'altra volta non è per niente inutile. Un episodio d
'attualità ci dimostra infatti che i princìpi citati sono oggetto di
derisione e scherno, che essi vengono addirittura disprezzati:

- Il razzismo come "sketch" per l'"Arena"?

La Commissione federale contro il razzismo finora non ha fatto molto parlare
di sé, finché, poco tempo fa, ha dovuto occuparsi di Rajiv, un personaggi
indiano creato e interpretato alla TV dall'attore satirico zurighese Victor
Giacobbo. La vicenda ha preso le mosse da una denuncia sporta da un
Consigliere nazionale dell'UDC: si è forse trattato di un caso di razzismo?
I media svizzeri hanno avuto di che sorridere e burlarsi del caso.

Noi, invece, no.

Gli autori della denuncia non hanno fatto nient'altro che sviare l'
attenzione dalle proprie responsabilità, dalle proprie colpe in relazione ad
un clima che, con inserzioni, manifesti e provocazioni verbali si fa sempre
più incandescente. Con questa denuncia, la lotta contro il razzismo e l'
estremismo di destra è stata semplicemente ridicolizzata. La lotta contro il
razzismo, infatti, non si esaurisce in un episodio satirico. Chi crede
questo, si beffa di uno dei princìpi dell'umanità. Ringrazio le nostre
compagne e i nostri compagni, che unitamente agli esponenti del PLR e del
PPD hanno reagito in modo corretto, evitando che questo tentativo di sviare
l'attenzione dai veri problemi venisse addirittura "premiato" nell'"Arena
 (trasmissione-dibattito a sfondo politico, diffusa dal canale di lingua
tedesca DRS - n. d. t.).

- Non per il computer impariamo.......

E' giusto che oggi, nell'ottica del Servizio pubblico, si discuta anche
della creazione di asili nido per l'infanzia. Il nostro sistema educativo è
strettamente connesso ai princìpi poc'anzi enunciati e alle vie da
percorrere per raggiungerli. Ricordiamo in questo contesto la discussione
relativa all'insegnamento precoce dell'inglese nelle scuole elementari.

Sono favorevole a questo insegnamento. L'inglese alle scuole elementari non
sostituisce però l'educazione alle quattro culture del nostro Paese e il
mandato della scuola non si esaurisce certo nell'insegnamento di quest'unica
materia. L'inglese non è soltanto una sorta di "esperanto dei procuratori",
ma è una vera e propria lingua. Non dobbiamo imparare l'inglese unicamente
per poter leggere le istruzioni per l'uso di un computer. E il ruolo della
scuola non si esaurisce certo nel servire l'economia. Gli alunni di oggi non
sono la manodopera di domani. I nostri ragazzi non sono informatici allo
stato grezzo, da crescere unicamente in funzione dei dettami del computer;
devono invece essere educati perché diventino democratici responsabili,
aperti di spirito, cittadini che in futuro non si lasceranno abbagliare da
campagne quali quella condotta contro i tre progetti energetici in votazione
lo scorso settembre.

- Libertà di "fare il pieno" anziché libertà di pensiero?

Da quanto avvenuto recentemente non solo in Europa, ma anche nel nostro
Paese, risulta uno strano modo di intendere il ruolo dello Stato e una
strana concezione di Servizio pubblico:

Visto l'aumento del prezzo del petrolio a causa delle quotazioni del dollaro
e della minore produzione di greggio, visti gli enormi guadagni realizzati
ad Amsterdam e nei Paesi arabi, alcuni ambienti si sono fatti avanti,
chiedendo che lo Stato riduca il prezzo della benzina.

Lo Stato sarebbe dunque tenuto, per mezzo di introiti fiscali, a finanziare
i guadagni realizzati da altri. Taluni ambienti a quanto pare ritengono che
sia un loro sacrosanto diritto circolare sulle strade a costi possibilmente
bassi. Qui non si tratta di libertà di pensiero, bensì di "libertà di fare
il pieno"! Non si tratta più dell'"esprit des lois", bensì soltanto dello
"sprit pour moi" (ossia " della benzina per me" - n.d.t.). Si tratta di un
puro e semplice inno alla libertà, alla velocità, all'egoismo.

E' chiaro che anche gli altri partiti politici si preoccupano del Servizio
pubblico. Giova sottolinearlo: se a questo Servizio pubblico non diamo noi
un profilo, saranno altri a farlo al posto nostro. Da qui il nostro obbligo,
il nostro precipuo dovere di diffondere ed attuare i princìpi che ci stanno
a cuore.

L'obiettivo del Servizio pubblico

Con le proposte presentate oggi si chiede in modo deciso "un Servizio
pubblico moderno e forte": ed è con convinzione che ci adoperiamo per il
raggiungimento di questo obiettivo.

Tutti i cittadini di questo Paese, siano essi ricchi o poveri, giovani o
vecchi, che vivano in città o in una valle di montagna, hanno il diritto di
beneficiare di buone prestazioni ai medesimi prezzi. Il Servizio pubblico è
un ingrediente essenziale di una società giusta, così come la intendiamo
noi.

Questo punto ci trova perfettamente consenzienti. I nostri dibattiti vertono
su un'altra domanda: quale via, o meglio:

quali vie ci consentono di raggiungere l'obiettivo prefissato?

Dal canto mio, sono convinto che non si tratta di scegliere tra due opzioni:
tra Stato e mercato, tra monopolio e concorrenza, tra regolarizzazione e
deregolarizzazione. E non credo nemmeno nella cosiddetta terza via intesa ad
eliminare elegantemente ogni contraddizione.

Sono invece persuaso che la giusta via per raggiungere l'obiettivo dev'
essere ricercata ogni volta di bel nuovo, caso per caso; non vi è una
soluzione unica da applicare sempre e in qualsiasi momento.

Circa 25 anni or sono, durante la mia attività di avvocato, ho lottato
unitamente a un sindacato perché a un anziano autista fosse concesso di
continuare a guidare fino al pensionamento il vecchio veicolo adibito alla
raccolta della spazzatura al quale era abituato. Tale veicolo comunale,
antidiluviano per la verità, non corrispondeva certo alle norme in materia
di sicurezza e di protezione dell'ambiente; l'uomo avrebbe però fatto fatica
ad abituarsi ad un veicolo nuovo e, d'altro canto, nessun altro era in grado
di guidare il camion vecchio. Per me e per il sindacato, il successo allora
ottenuto era soprattutto di natura politica; la nostra iniziativa ha infatti
permesso all'autista di mantenere lavoro e dignità.

Ancora oggi mi impegnerei per questo stesso obiettivo, vale a dire per il
mantenimento del posto di lavoro e della dignità di un lavoratore. Tuttavia,
consiglierei al nostro autista e al suo sindacato di ricorrere ad altri
mezzi anziché impuntarsi sull'utilizzazione di un veicolo ormai vetusto.

Un obiettivo politico non dev'essere raggiunto a tutti i costi con mezzi
che, pur avendo portato al successo in passato, sono ormai antiquati. Ciò
vale per questo caso concreto ma anche per i grandi progetti
infrastrutturali.

Che cos'è una politica socialdemocratica?

Qual è la via giusta? Quale politica è ancora socialdemocratica e quale no?
Riflettendo sulla questione, con grande merito il professor Künzli ha
analizzato nel settimanale WoZ i diversi discorsi da me finora tenuti ai
Congressi di partito, riassumendo così le proprie critiche nei confronti
della socialdemocrazia: la socialdemocrazia non è stata fondata per
costruire trafori alpini; la vera socialdemocrazia si limiti all'analisi e
alla critica.

Anziché costruire gallerie ferroviarie attraverso le Alpi, la vera missione
socialdemocratica consisterebbe dunque nel contare il numero di camion in
continuo aumento sulle nostre strade, criticando questo fenomeno come
risvolto negativo di un mercantilismo di stampo capitalista.

E' questa forse la responsabilità politica? A mio modo di vedere no! Il
tratto caratteristico della nostra politica è sempre stato il seguente:
collegare l'idea di socialdemocrazia alla volontà di applicare i princìpi in
cui crediamo anche nella realtà politica di tutti i giorni, alla nostra
responsabilità di governo e in Parlamento, alla nostra responsabilità nel
giudicare iniziative e referendum, nel condurre campagne elettorali.

Proprio la politica dei trasporti ne è un buon esempio. Essa rende bene l'
idea di Servizio pubblico, di una politica che intende servire tutte le
regioni del Paese a pari condizioni, che intende dare il proprio contributo
nel contesto europeo e rispettare l'ambiente. Mai e poi mai avremmo potuto
attuare una tale politica dei trasporti, se non esercitassimo un certo
influsso, se non partecipassimo al potere.

La socialdemocrazia non ha mai conosciuto soltanto un'unica via

Ma torniamo alle diverse vie che ci consentono di raggiungere il nostro
obiettivo, ossia l'uguaglianza, la giustizia e la libertà:

- Cent'anni or sono, molte famiglie operaie soffrivano la fame poiché i
prodotti alimentari erano allora troppo cari. Esse non hanno tuttavia mai
chiesto la creazione di panetterie o macellerie statali, ma hanno fondato le
loro proprie cooperative di consumo; allora era questa  la strategia ideale
per risolvere il problema. Il movimento delle cooperative ha creato un
mercato funzionante; e di questo noi approfittiamo ancora oggi.

- Le assicurazioni immobiliari sono in gran parte monopoli cantonali; gli
assicurati pagano premi più bassi rispetto ai Cantoni senza regime di
monopolio. Da qui nasce la convinzione che in questo settore il monopolio
statale rappresenti la soluzione migliore. Ed è per questo che a suo tempo,
in qualità di Consigliere di Stato zurighese, mi sono adoperato con tutte le
mie forze a favore di questo monopolio.

- L'INSAI è un'istituzione pubblica che funziona bene. Vi è forse una
ragione valida per privatizzarla e per esporre l'assicurazione contro gli
infortuni a una concorrenza sfrenata?

Abbiamo attuato la riforma delle ferrovie, esponendo le FFS alla concorrenza
nel settore merci. Ciò si è reso necessario per rafforzare la posizione
della rotaia rispetto alla strada e per favorire il trasferimento del
traffico dalla strada alla ferrovia. Nel traffico viaggiatori nazionale,
invece, le FFS detengono tuttora il monopolio. In questo settore, la
liberalizzazione avrebbe indotto la concorrenza ad accaparrarsi le linee
ferroviarie più redditizie, con conseguente svantaggio per le regioni
periferiche. In questo caso abbiamo optato per una soluzione differenziata.

Vi sono dunque settori in cui una liberalizzazione senza limiti conduce a
disparità sociale e regionali. In questi casi, il regime di monopolio
costituisce senza dubbio la soluzione migliore. Vi sono però altri settori
in cui imprese statali o controllate dai poteri pubblici agiscono in
concorrenza con imprese private. E vi sono infine campi nei quali il mercato
provvede meglio ai bisogni della popolazione di quanto potrebbe farlo un
regime di monopolio.

L'economia di mercato ha bisogno di uno Stato forte

Ma, agli occhi della socialdemocrazia, il mercato, da solo, non può mai
essere l'ideale al quale aspirare. Esso infatti premia i più astuti, i più
veloci e i più forti, svantaggiando i più deboli e i più lenti. Esso
rafforza i centri e indebolisce le periferie. Esso non si cura dell'ambiente
e non tiene conto del fatto che le risorse naturali non sono infinite. L'
economia di mercato allo stato puro crea un mondo freddo, egoista,
antisolidale; un mondo simile non può essere il nostro ideale, mai. D'
altronde, nessuno di noi l'ha mai sostenuto.

L'economia di mercato, così come noi la intendiamo, ha bisogno di uno Stato
forte, che provvede all'equilibrio sociale e regionale, che tutela l'
ambiente e scongiura il pericolo di monopoli privati, creando le condizioni
per una concorrenza leale.

Il nostro obiettivo non è dunque mai quello di una liberalizzazione, di una
privatizzazione fini a se stesse. Questi sono invece strumenti atti a
garantire un servizio universale ottimale e a tutelare gli interessi
economici della Svizzera. Quotidianamente, nell'ambito dei nostri dibattiti
politici, dobbiamo chiederci quale strumento sia di volta in volta più
opportuno applicare.

Swisscom

Attualmente discutiamo di quale sia la "giusta" via per la Swisscom. Molti
di noi non capiscono perché non si possa rimanere allo "status quo". Altri
temono lo smantellamento del Servizio pubblico se la Confederazione non sarà
più azionista di maggioranza della Swisscom. Noi tutti siamo costernati di
fronte alla rapida evoluzione nel settore delle telecomunicazioni e vogliamo
evitare di compiere passi affrettati. Il ritmo dei cambiamenti è davvero
incalzante:

- A seguito della liberalizzazione del mercato (che il nostro partito ha
voluto), la Swisscom si trova di fronte ad una forte concorrenza e sta
perdendo quote di mercato. Se vuole rimanere forte e moderna sul piano
sociale, l'impresa deve andare all'estero alla ricerca di nuovi profitti,
partecipazioni e know how tecnologico.

- La tecnologia delle telecomunicazioni si sta sviluppando molto più
rapidamente di quanto noi pensassimo. I necessari investimenti superano le
possibilità delle piccole e medie imprese del settore.

- Il mercato evolve in modo altrettanto rapido e imprevedibile. La Telekom
tedesca ha a disposizione circa 150 miliardi di franchi solo per l'acquisto
di titoli. Si tratta, rendiamocene conto, di 150'000 milioni di franchi, una
cifra che va ben al di là della nostra immaginazione.

Noi tutti vogliamo tutelare al meglio gli interessi della Swisscom in un
mercato liberalizzato - che è internazionale! -; e vogliamo far sì che il
valore aggiunto, i posti di lavoro e il know how rimangano in Svizzera,
vogliamo difendere il Servizio pubblico e farlo evolvere. Su quest'obiettivo
siamo tutti d'accordo. Per raggiungerlo, la Swisscom dovrà probabilmente
concludere nuove alleanze e la Confederazione dovrà forse cedere la
maggioranza delle proprie azioni. Questa è una delle tante possibilità. Un'
altra opzione è che la Swisscom venga trasformata in una holding e che la
maggioranza delle azioni sia ceduta a singole filiali, ad esempio nel
settore delle comunicazioni mobili.

Oggi nessuno può dire quale sarà la decisione migliore tra due o tre anni.
Una cosa tuttavia è chiara: queste operazioni devono essere effettuate in
poche settimane ed è per questo che abbiamo chiesto una delega di competenze
al Consiglio federale. Chi oggi si oppone alla necessaria flessibilità nella
gestione dell'azienda deve poi accettare la coresponsabilità del crollo
finanziario della Swisscom, della perdita di migliaia di posti di lavoro e,
di conseguenza, dello sperpero del denaro pubblico

Posta

Qual è la giusta soluzione per la Posta? Anche in questo settore avvengono
gli stessi sviluppi come in quello delle telecomunicazioni, anche se a ritmi
diversi.

- L'e-mail e internet fanno pressione sulla posta-lettere. Il fatturato di
quest'importante settore dell'azienda è in calo.

- Imprese estere forti, come la Telekom tedesca, hanno scoperto il nostro
mercato e si accaparrano le attività più interessanti della Posta.

- L'Ue discute dell'abbassamento del limite di monopolio a 50 grammi. Da noi
il limite è ancora fissato a 2 chilogrammi.

Già oggi la Posta ha difficoltà a garantire un Servizio pubblico su tutto il
territorio senza sovvenzioni statali. Intanto, il sovvenzionamento della
Posta oggi non troverebbe abbastanza consensi. Allora cosa fare? Difendere a
tutti i costi il Servizio pubblico, lasciando che la Posta navighi in
cattive acque?

Anche in questo caso abbiamo deciso di adottare una strategia offensiva. La
Posta deve intraprendere nuove attività, diventando economicamente più
forte. L'azienda potrebbe profilarsi con l'e-commerce e la banca postale,
qualunque ne sia la forma. Solo così essa potrà garantire a lungo termine un
Servizio pubblico efficiente su tutto il territorio nazionale. Altrimenti,
come potrà essere finanziata la rete di uffici postali che costa due
miliardi di franchi all'anno, di cui 500 milioni sono scoperti? Forse con
tariffe postali più elevate? Mi sono note le lettere di protesta contro le
richieste della stessa Posta..... Forse diminuendo il numero di uffici
postali? Non mancano nemmeno le proteste contro simili piani..... Non
capisco assolutamente perché, proprio tra i nostri ranghi, si manifesta
resistenza contro la banca postale.

Assai più comprensibile è invece che le banche svizzere, e tutti quelli che
predicano il libero mercato e la concorrenza, non ne siano affatto
entusiasti e che non vogliano sentir parlare di una concorrenza a cui
partecipa anche un'azienda statale.

Responsabilità quale principio della socialdemocrazia

Torniamo indietro nel tempo. Noi stessi siamo figli di un cambiamento
epocale. La socialdemocrazia è nata nell'era della rivoluzione industriale.
A quei tempi, essa non si è presentata sulla scena politica per opporsi all'
industrializzazione, bensì per moltiplicare a vantaggio di tutta la
popolazione le opportunità dell'evoluzione in atto. Noi abbiamo voluto
sfruttare lo sviluppo tecnologico per realizzare l'obiettivo di una società
solidale e giusta. A questo fine, ci siamo assunti la nostra responsabilità
con iniziative, nei Parlamenti e nei Governi.

Nelle nostre discussioni sul Servizio pubblico si tratta di riflettere sulla
percezione che abbiamo della nostra identità sociademocratica. Vogliamo
continuare a credere nelle opportunità dello sviluppo tecnologico, economico
e culturale? Se la risposta è sì: siamo tuttora disposti ad assumerci delle
responsabilità? A mettere a punto nuove idee e strategie? A cercare
soluzioni atte a controllare i rapidi cambiamenti in atto? O ci
accontentiamo forse di seguire alla lettera la nostra linea programmatica,
deplorando i lati negativi della nostra realtà?

L'esempio delle FFS

Sicuramente sarebbe stato più semplice lasciare che le FFS rimanessero una
regìa, finanziare il loro disavanzo sempre maggiore, lamentare il
trasferimento, quasi impercettibile ma reale, del traffico merci e
viaggiatori dalla ferrovia alla strada, attenerci al limite delle 28
tonnellate, sempre più problematico per le nostre relazioni con l'Europa, e
respingere l'accordo sui trasporti terrestri con l'Ue, che porta con sè una
difficile fase di transizione.

Ma quali ne sarebbero state le conseguenze? Le FFS avrebbero avuto sempre
più bisogno di denaro pubblico - e dubito che lo avrebbero ottenuto -,  ma
al contempo le loro prestazioni sarebbero diminuite sempre più.

Oggi le FFS sono invece un'azienda che conquista quote di mercato, non è più
in perdita e ha introdotto la settimana delle 39 ore lavorative d'intesa con
il sindacato. La tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni ci
permette di internalizzare i costi esterni del traffico pesante e di
finanziare la costruzione della NFTA. Inoltre abbiamo concluso sette accordi
con l'Ue, che ci fanno compiere un primo passo verso un minore isolamento
dall'Europa.

L'esempio delle scorie radioattive

Sicuramente sarebbe molto più facile abbandonare la nostra politica
energetica dopo il no del popolo svizzero alle tasse sull'energia e la
decisione del Consiglio federale sulle centrali nucleari, ricorrere al
referendum per opporci alla liberalizzazione del mercato dell'energia
elettrica e bloccare qualsiasi soluzione al problema dello smaltimento delle
scorie fino a che non viene smantellato l'ultimo impianto nucleare.

Ma tutto questo sarebbe responsabile?

Credo proprio di no. Le centrali nucleari forse saranno attive più a lungo
di quanto ci faccia piacere. E' un dato di fatto di fronte al quale non
possiamo chiudere gli occhi. Non daremmo certo prova di solidarietà se
lasciassimo alle generazioni future il compito di risolvere i problemi
inerenti allo smaltimento delle scorie radioattive prodotte oggi. Ciò vale
tanto per i fautori quanto per gli oppositori dell'energia nucleare.

L'esempio della politica del clima

Dobbiamo continuare a cercare soluzioni che ci consentano di onorare gli
impegni assunti alle conferenze di Rio e di Kyoto e di compiere i primi
passi in direzione di una riforma fiscale ecologica grazie alla legge sul
CO2. Dobbiamo fissare delle regole per un'apertura controllata del mercato
dell'energia elettrica. La liberalizzazione è ormai in corso da tempo e
abbiamo urgentemente bisogno di norme proprio per garantire il Servizio
pubblico.

Il pacchetto politico composto da Fondo di coesione, banca postale e
flessibilizzazione della Swisscom

Sicuramente sarebbe molto più semplice chiedere sovvenzioni statali per la
Posta, difendere lo status quo della Swisscom e dire già oggi
irrevocabilmente "no".

Tuttavia quali sarebbero le conseguenze?

In Parlamento perderemmo qualsiasi possibilità di influsso sull'elaborazione
del pacchetto di proposte Swisscom/Posta, di cui fa parte anche un credito
di 80 milioni di franchi stanziato dal Consiglio federale per lo sviluppo
economico delle regioni periferiche. Ciò vuol dire rinunciare alla banca
postale e privatizzare completamente la Swisscom. Ma questa non è una
politica responsabile. Pensiamo agli accordi bilaterali con l'Ue. Se
avessimo detto semplicemente "no", il Parlamento non avrebbe mai accettato
la nostra richiesta di efficaci misure di accompagnamento nell'ambito del
traffico viaggiatori e dei trasporti terrestri. Uno di questi importanti
miglioramenti è emerso nel corso dell'ultimo Congresso del nostro partito,
durante il quale ho lanciato l'idea di un Fondo di coesione per le regioni
particolarmente penalizzate dalla liberalizzazione. In seguito, sempre da
parte nostra, sono stati presentati degli interventi parlamentari che
perseguivano lo stesso obiettivo. Anche se il Fondo non è stato creato, si è
affermata l'idea che vi sta dietro.

Il Servizio pubblico deve rimanere opera nostra

Sono processi, questi, che sarebbe impossibile realizzare se dicessimo
semplicemente "no". Il Servizio pubblico come si presenta attualmente è in
massima parte il risultato del nostro lavoro. Per mantenerlo, non possiamo
chiudere gli occhi di fronte alla rapida evoluzione in atto tanto sul piano
internazionale, quanto dal punto di vista tecnologico e sociologico. Noi
siamo chiamati a collaborare, a plasmare il Servizio pubblico secondo i
nostri princìpi. E quando dico noi, intendo dire proprio tutti noi.

La socialdemocrazia non è definita dal lavoro dei suoi rappresentanti in
Governo. La partecipazione alle attività governative è solo una parte della
funzione del PS. Il suo ruolo più importante consiste invece nel lavoro
svolto alla base, nella consapevolezza di non perdere mai di vista l'
obiettivo fondamentale, nel contributo costruttivo al lavoro degli
esecutivi. Da queste attività ogni tanto nascono delle discussioni, e per
fortuna, direi!

Finora noi abbiamo sempre saputo sfruttare questo processo dialettico a
nostro vantaggio, ad esempio nell'ambito della politica dei trasporti, che
abbiamo plasmato secondo i nostri princìpi. Questo è possibile anche per la
Swisscom. Bisogna introdurre una golden share? O una minoranza bloccante?
Alcuni settori, come la rete fissa, devono rimanere di proprietà del popolo?
Vi prego, anziché dire semplicemente "no", di partecipare a questi lavori,
vi prego di non lasciare il timone in mano ad altri. Anche l'ulteriore
sviluppo del Servizio pubblico è un nostro compito comune, ancora ben lungi
dall'essere concluso.

Il Servizio pubblico, ossia il servizio universale su tutto il territorio
nazionale, è opera nostra; se vogliamo mantenerlo è dunque anche nostro
compito adattarlo agli sviluppi in atto. Perché una cosa è certa: il
Servizio pubblico è troppo importante per lasciarlo in mano al Vorort.