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Ordinanza che istituisce misure contro Myanmar

Berna, 2 ottobre 2000

Comunicato stampa

Ordinanza che istituisce misure contro Myanmar

Il Consiglio federale ha deciso di applicare contro Myanmar sanzioni
analoghe a quelle adottate dall'UE nella deliberazione comune del Consiglio
dell'Unione europea del 26 aprile 2000. Tale deliberazione fa seguito a
quella del 28 ottobre 1996 rafforzandola come segue: (1) congelamento dei
fondi detenuti all'estero da cittadini di questo Paese privi del visto di
entrata o di transito (membri del regime militare nel senso ampio del
termine (2),  divieto di fornire al Myanmar attrezzature destinate alla
repressione interna o ad atti di terrorismo.

Rammentiamo che la deliberazione del 28 ottobre 1996 è stata adottata dal
Consiglio dell'UE a causa dell'assenza di miglioramenti democratici nel
Paese, di una persistente  violazione dei diritti umani, ai brogli
riscontrati nelle elezioni del maggio 1990 nonché al rifiuto del regime
militare di aprire un dialogo costruttivo con l'UE. Essa conferma (a) l'
espulsione di tutti gli addetti militari presso le Rappresentanze
diplomatiche di Myanmar negli Stati membri dell'UE; (b) l'embargo sulle
armi, munizioni, equipaggiamenti militari e la sospensione dell'aiuto non
umanitario o dei programmi di sviluppo. La decisione del Consiglio federale
contiene soprattutto le misure supplementari seguenti: (c) divieto di
rilascio dei visti di entrata e di transito ai membri dirigenti dello SLORC
(State Law and Order Restoration Council) / SPDC (State Peace and
Development Council), agli alti graduati dell'esercito o delle forze di
sicurezza (compresi i loro familiari) che prevedono o applicano politiche
tali da impedire la transizione di Myanmar verso la democrazia, o che ne
traggono profitto, (d) sospensione delle visite governative bilaterali di
alto livello nel Myanmar.

In realtà, dal mese di ottobre 1996 la Svizzera ha adottato nei confronti
del Myanmar la stessa politica restrittiva dell'UE. Occorre peraltro
ricordare che la Svizzera persegue da alcuni anni una politica critica verso
questo Paese in particolare nella Commissione dei diritti dell'uomo dell'ONU
e nell'ambito dell'OIL sostenendo le risoluzioni volte a migliorare i
diritti umani e a porre fine ai lavori forzati in questo Paese.

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